“L’irresistibile invidia del cinema per la realtà. Una rivoluzione copernicana: Avatar di Cameron e il Cinema in 3D”.
In questi giorni con l’uscita in 3D del film “Avatar” di James Cameron molti autorevoli e meno autorevoli commentatori hanno scoperto il potere del 3D. Le riflessioni nel merito che avrete avuto modo di leggere da più parti sono le più disparate: si va dal sentimento nostalgico per la pellicola e la proiezione di immagini tradizionali al becero protezionismo del mestiere dell’attore in carne ed ossa, dalle denunce di voler immolare la sceneggiatura sull’altare
degli effetti speciali fino ad arrivare agli psedo-medici allarmi su possibili danni alla vista e al subentrare di sindromi depressive dopo la visione. Prima di dare il mio personale contributo (che non vuole essere ne partigiano ne apocalittico), forse è bene chiarire cosa è e come funziona il sistema con cui si realizzano film in 3D. Il cinema tridimensionale (noto anche come cinema 3D o cinema stereoscopico) è un tipo di procedimento cinematografico, con il quale, grazie ad alcune specifiche tecniche di ripresa e proiezione, viene fornita una visione stereoscopica delle immagini. La visione stereoscopica può essere ottenuta in sale cinematografiche opportunamente attrezzate (i normali proiettori non sono adatti per questi tipi di proiezioni), perciò la diffusione di questo tipo di proiezione è limitata. I primi film 3D, a partire dagli anni venti, sfruttavano il sistema dell’anaglifo (l’anaglifo era, fino a non molto tempo fa, il sistema più comune per presentare un filmato stereoscopico, il più semplice ed economico: al contrario dei primi sistemi a filtraggio polarizzato utilizzati negli anni cinquanta, l’anaglifo si serve di una sola pellicola a colori in cui ogni fotogramma riporta entrambe le immagini, grazie al filtraggio rosso/verde. Ne consegue anche la semplicità di proiezione poiché necessita di un normale proiettore e un comune schermo opaco, l’unico accorgimento sta nel dover indossare gli appositi occhialini anaglifi per discriminare le due immagini destinate all’occhio destro e all’occhio sinistro). Dagli anni cinquanta, durante i quali il cinema tridimensionale ebbe la sua prima ampia diffusione, il sistema più diffuso sfrutta la tecnica della luce polarizzata. Un’altra tecnica moderna è invece quella che utilizza occhiali elettronici a cristalli liquidi.
La visione stereo, tridimensionale, è causata dal fatto che ciascuno dei nostri occhi vede il mondo da un punti di vista diverso, il nostro cervello elabora queste due sequenze di immagini e le fonde insieme per dare profondità a ciò che vediamo. Il cinema 3D di ultima generazioen funziona più o meno allo stesso modo, due macchine da presa messe una di fianco all’altra riprendono, come due occhi indipendenti, la stessa sequenza, la stessa scena ma da un punto di vista leggermente diverso, sfalsato di pochi centimetri. Al cinema, questi due segnali digitali vengono proiettati in sincrono attraverso un proiettore (o due) digitale D-cinema e l’effetto finale sullo spettatore è proprio quello della profondità ricreato attraverso la visione di immagini stereoscopiche. Al di là degli aspetti meramente tecnicisti, la tecnica del 3D è attualmente utilizzabile soprattutto per film il cui successo commerciale possa garantire la copertura dei costi di produzione più elevati. Ecco quindi un primo elemento che ritengo sia utile sfatare : non è la tecnica del 3D che garantisce il successo di un film ma l’impossibilità di usare questa tecnica in film dalla bassa o dubbia resa commerciale. Quindi è il 3D che è disponibile esclusivamente per film di successo e non il contrario. Pertanto trovo assolutamente forviante, come ho avuto modo di leggere in questi giorni, attestare che il successo di un film sia dovuto esclusivamente all’uso della tecnica del 3D. Da questo punto di vista è sufficiente confrontare i dati dei botteghini in America dei due più recenti film in 3D per rendersi conto dell’inconsistenza di tali affermazioni: “A Christmas Carol” (Incasso Totale* Usa: $135.952.000) “Avatar” (Incasso Totale* Usa: $429.040.000).
Se non è questione di incassi, o almeno non solo questione di incassi, cosa è che crea questo brusio intorno a questa nuova tecnica di film in 3D? Chiunque di voi che ha vissuto l’ “esperienza” percettiva della visione di un film in 3D di ultima generazione avrà certamente intuito che la sensazione che se ne ricava è profondamente diversa dalle tecniche stereoscopiche fino ad ora utilizzate. Si viene trascinati in un mondo che ha una nuova “profondità di campo visivo” capace di far entrare lo spettatore “dentro il film”, e completamente immersi in questa “nuova realtà” quasi non si percepiscono differenza con le esperienze visuali reali. Il cinema, ha sempre nutrito l’invidia di non poter ricreare completamente la realtà, dramma celato nella definizione stessa di “fabbrica dei sogni” del resto. Nel tentativo di mettere a tacere questa frustrazione, oltre alla tridimensionalità (3D), ha cercato di avvicinarsi alle sensazioni che gli individui vivono nella realtà anche attraverso la multisensorialità (4D e 5D), ovvero sistemi che permettano di coinvolgere altri sensi, come ad esempio l’olfatto (celebre a tal proposito l'”Odorama” utilizzato per la proiezione del film “Polyester” di John Waters) oppure di creare effetti di movimento delle poltrone.
Ma perché si ravvede in questa nuova tecnica del cinema 3D un elemento di rottura con il passato? Se osserviamo con attenzione la storia dei media ci accorgeremo che “i mezzi di comunicazione” che hanno introdotto una nuova percezione della realtà hanno anche modificato il modo stesso in cui noi la interpretiamo culturalmente. Prendiamo ad esempio il mondo dell’arte pittorica: con l’introduzione della fotografia si è prima profondamente modificato il modo tagliare le scene nei quadri e poi di fare arte; oppure la possibilità di osservare il mondo dall’alto o attraverso un schermo ha fatto nascere l’aereopittura di Dottori o le elaborazioni grafiche di Mario Schifano. Ecco forse quello che si cela di straordinariamente rivoluzionario nelle nuove tecniche del cinema (e forse un domani della televisione) in 3D: siamo agli esordi di una rivoluzione copernicana che potrebbe innovare il modo in cui interpretiamo culturalmente il mondo . Quali implicazioni comporterà questa innovazione? Certamente potrà innovare il cinema apportando nuovi generi e specifici codici e linguaggi, ma di preciso non è dato sapere quanto sarà incisiva nella nostra società. Un atteggiamento cauto è necessario, del resto fin da bambini ci hanno insegnato che un lampo nel cielo può essere presagio di bello o cattivo tempo.
Americo Bazzoffia